domenica 7 dicembre 2014

Il collasso. Inter-Udinese 1-2



E' inutile che facciamo calcoli, che gioiamo se il Milan perde, il Napoli pareggia o un'altra squadra davanti a noi perde punti, se vedi svanire ogni speranza, anche quella più modesta, come superare in casa un'Udinese, con un harakiri che ha portato la mia mente a Livorno, poco più di sei mesi fa, e che sembra essere diventata la nostra specialità.
Non è accettabile un errore come quello commesso da Palacio, che da tre mesi è l'ombra di se stesso. Gli farebbe bene prima di tutto una cura Qarabag, giocando con (si spera) i ragazzini per scendere dal piedistallo dell'inamovibilità. E poi, se necessario, anche un po' di sana panca. Non per sempre, sia chiaro. Rodrigo è tecnicamente il nostro migliore attaccante, ma per averlo così preferisco che Icardi (che di riffo o di raffa il goal te lo fa quasi sempre) e Osvaldo giochino insieme. Poi si può discutere di tutto, del fatto che il secondo tempo sia stato giocato con la paura e la disattenzione di una squadra che ha il terrore di sbagliare. Di alcuni personaggi, come Nagatomo, che non imbrocca un cross neanche per sbaglio. Di Kuzmanovic, la cui prestazione è l'emblema di quella della squadra. Ordinato e preciso prima, confuso poi, con un colpo di tacco tentato nel finale che lascia intristiti. Ma cerchiamo di essere lucidi, per quanto possibile dopo l'ennesima mazzata, che ogni volta fa pensare che non c'è mai fine al peggio. 


Nel primo tempo è stato giocato il miglior calcio degli ultimi tempi: squadra corta, aggressiva, che recuperava il pallone non appena lo aveva perduto. Manovra veloce e, per fortuna, poco basata sugli inutili esterni. Il tutto aiutato da un'Udinese remissiva e intimidita. Purtroppo i primi quarantacinque minuti portano un solo goal di vantaggio, oltre a una traversa di Kovacic e a un dominio territoriale pressoché totale.


E il secondo sembra iniziare sulla falsa riga del primo, con l'Inter ancora in fase offensiva e Juan Jesus che si divora il raddoppio calciando con ignoranza senza guardare il primo palo sguarnito (il tutto da un metro di distanza dalla porta). Poi qualcosa inizia a incepparsi: Medel non arriva più per primo anche sui palloni dei compagni e come spesso va a finire, la prendono gli altri, che ci spaventano un paio di volte in contropiede prima di punirci con un triangolo elementare che non fa altro che evidenziare quanto la squadra sia collassata. Da qui in avanti, il caos: rimpalli, pedate ignoranti a casaccio, azioni personali senza pretese. Ma eri 1-1, pur avendo subito un tracollo qualitativo imbarazzante, eri in partita con più di venti minuti per vincerla.
A questo punto succede il fattaccio, proprio quando pensi di averle viste tutte. Palacio che va a ricevere un rilancio del portiere a metà campo (ma perché?!) e che dopo averla controllata, senza essere particolarmente pressato decide di ritirare la palla allo stesso Handanovic (ma perché!), con un passaggio che diventa un assist e l'equivalente di una condanna a morte per le nostre speranze. 
Capisco e compatisco Mancini, perché se ci infuriamo noi da semplici tifosi, non immagino quanto possa farlo lui che è l'allenatore. Nel primo tempo sembravano improvvisamente maturati i frutti del suo lavoro, ma lo scempio avvenuto dopo fa capire quanto ci sia ancora da fare. A questo punto guardare la classifica o inseguire qualcuno non ha senso. Bisogna solo cercare di fare tre punti, di vincere, in qualunque modo. Sperando di non riuscire a resuscitare anche il Chievo, che tra parantesi magari domani se becca tre dal Cagliari.

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